4 giugno, 2020

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Scritto da: Redazione Opyn

Fase 2: cosa fare per riprendere a camminare

Riaprono tutte le attività. Confindustria stima che la perdita di Pil sia vicina al 10% per il 2020, il doppio della perdita accumulata nel 2009 (post subprime). Lo scenario è pieno di rischi ma anche di opportunità per le imprese: ecco qualche suggerimento per prepararsi

La produzione industriale è calata del 28% a marzo e del 23% in aprile (stima): per il prossimo futuro le previsioni sono ancora cupe, come segnala l’indice della fiducia delle imprese, sceso a 31,1 per i beni e a 10,8 per i servizi – livelli mai visti prima se si considera che il 50 rappresenta il discrimine tra crescita e contrazione.

I dati li riporta Confindustria segnalando che nel 2021 il recupero sarà solo parziale e che la crisi è aggravata “dalle connessioni commerciali, produttive, finanziarie e di investimento tra Paesi”, che rendono di fatto inesistenti i mercati di sbocco alternativi. Non c’è scampo, se non quello di pensare a nuove strategie e modelli da calare nel post Covid: un mondo che, a detta di esperti di varie discipline, sarà diverso da quello attuale. Più connesso in digitale e meno dal punto di vista delle filiere produttive, più attento alla salvaguardia della salute e necessariamente orientato alla sostenibilità ambientale e sociale.

Tra il dire e il fare, c’è di mezzo la cassa

Fin qui la teoria, poi però alle pmi italiane servono indicazioni pratiche. Molte sono contenute nei Dcpm che disciplinano le modalità di apertura e servizio al pubblico per fabbriche e servizi.Il primo tema da affrontare è relativo alla cassa: il fatturato perso in un trimestre di chiusura effettiva deve essere rimpinguato con liquidità fresca. Le possibilità sono diverse, dai prestiti garantiti del Decreto Liquidità ai prodotti del FinTech, come il nostro Cash Anti Covid-19, che offre alle imprese dai 300mila ai 500mila euro (in base al fatturato) per coprire i costi fissi non differibili – affitto, personale, tasse – e prevede un rimborso bullet a diciotto mesi. Non basta: a questo credito di emergenza ne va affiancato altro di tipo strutturale (per il quale BorsadelCredito.it ha in pipeline delle novità importanti). La liquidità per la crescita servirà a strutturare una strategia per sopravvivere nel post Covid.

Aziende più digitali e sostenibili

L’eredità che ci lascerà questa pandemia sta nel rafforzamento di due trend secolari già in atto: digitalizzazione e sostenibilità. I download di Zoom sono passati su scala globale a 131 milioni nel mese di aprile, aumentando di 60 volte anno su anno: è un dato eclatante. Zoom e app simili sono diventati strumenti indispensabili per fare riunioni e lezioni scolastiche, dando a tutti la possibilità di sperimentarne su larga scala efficienza e sicurezza. Secondo un report di Kpmg sul futuro delle banche, questa necessità ha provocato un balzo in avanti nella digitalizzazione di 5-7 anni. Kpmg si riferisce al modo di approcciarsi ai servizi finanziari, ma è una previsione che può essere calata anche in termini più generali. Le nostre abitudini sono mutate, probabilmente per sempre.

Se fino ad adesso le pmi di qualsiasi settore avevano rimandato l’appuntamento con la digitalizzazione, ora non possono più farlo: è una questione anche di reputation, non si può più prescindere da un canale e-commerce o da una connessione online con i clienti, che garantiscono anche la continuità del business.

La continuità ci fa approdare al secondo trend, quello della sostenibilità: le PMI hanno imparato sulla propria pelle l’importanza di potersi basare su supply chain affidabili. Quelle focalizzate in Cina si sono interrotte con l’esplosione della pandemia e non è stato possibile in molti casi, anche per via della logica del just in time che domina le produzioni, sostituire le forniture in tempi rapidi e in modi efficaci. Modelli di business sostenibili vuol dire anche autonomi: le supply chain dovranno tornare a essere più glocal e i magazzini meno scarichi.

Testare gli scenari peggiori

Le pmi italiane si sono trovate all’appuntamento con la pandemia già bastonate da un decennio di crescita asfittica e avendo perso dal 2008 circa un quarto del proprio valore. La crisi attuale ci insegna una lezione: che la flessibilità e la capacità di resistere nello scenario peggiore sono un must have, non più una delle possibili opzioni. Per essere flessibili e parare i colpi in caso di nuove crisi le pmi devono essere in grado di simulare lo scenario peggiore in qualsiasi circostanza. Sottoponendo il bilancio a veri e propri stress test e dotandosi degli strumenti finanziari e operativi necessari a poter restare in piedi anche nella burrasca. La regola aurea alla fine è una: prepararsi a nuovi periodi di lockdown – sperando non si ripresentino – e poter continuare a lavorare anche in quel caso.

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