Si chiama growth hacking ed è la nuova frontiera del marketing digitale. Ce la racconta Giacomo Arcaro, il fondatore, un nerd con l’aspetto di un dj
Una Cambridge Analytica buona, con un tocco gotico. Black Marketing Guru, creatura di Giacomo Arcaro, classe 1985 e Giovanni Casagrande, 1978, se ne sta adagiata sulle colline riminesi da cui non intende emigrare e da là, si direbbe provincia, domina le strategie digitali delle PMI italiane, guardando anche a Londra.“Nella City, in barba a Brexit, abbiamo appena aperto una sede – racconta Arcaro – e abbiamo un primo cliente. Intendiamo espanderci e credo ci riusciremo grazie all’innovazione insita nei servizi che offriamo e a tecnologie proprietarie basate su Intelligenza Artificiale.” Non male per un trentenne con la passione anche per la giocoleria.
Ci racconti meglio: qual è il core business di Black Marketing Guru?
Si chiama growth hacking, in italiano potrebbe tradursi come “intercettazione della crescita”. Il concetto è tutto sommato semplice: è una metodologia di marketing che consiste nel testare differenti soluzioni attraverso rapidi esperimenti per ottenere la crescita scalabile. Quando si individua la combinazione esatta, ne guadagni in termini di ritorno dell’investimento (ROI). Il termine è stato coniato nel 2010 dal californiano Sean Ellis, creatore di GrowthHackers, una comunità online e un software as a service (SaaS) che abilita i team a gestire il protocollo di sperimentazione. Noi invece siamo partiti dalla cucina di casa mia ad agosto del 2015…
Una cucina di Rimini che ricorda il garage di Santa Clara di Steve Jobs: com’è andata?
Sono passati solo tre anni ma devo dire che in questo settore è un’epoca geologica: tre anni fa sembravamo dei pazzi quando proponevamo questa cosa alle imprese, anche considerando che noi l’avevamo sperimentata nel mondo delle PR in discoteca: dato un obiettivo di crescita non ci limitavamo a fare una campagna su Google+ o su Instagram o su Facebook, ma usavamo vie traverse, per arrivare a profilare il pubblico in modo da creare gruppi ad hoc a cui veicolare un messaggio sicuramente più efficace di quello che si ottiene sparando nel mucchio.
Per rispondere alla sua domanda: è andata che eravamo in due in una cucina e oggi abbiamo 30 dipendenti e lavoriamo con le più grandi industrie italiane e con Enti locali come la Regione Trentino o Emilia per grandi eventi. Abbiamo abbandonato le discoteche, ci torniamo ogni tanto a ballare o a seguire eventi con dj di livello internazionale. Abbiamo chiuso il 2017 con un fatturato di 1,5 milioni e puntiamo ai 3,5 milioni nel 2018. Questo mese abbiamo fatto +170%. E non cerchiamo clienti: abbiamo la fortuna di poterli selezionare tra quelli che ci fanno richiesta di un preventivo.
Chi sono i vostri clienti e qual è il risultato più sorprende che avete ottenuto fin qui?
Abbiamo clienti come Bulgari, SCM, Baldinini, Comune di Rimini, Ab-Imbev. La strategia che ci piace raccontare perché emblematica dell’efficacia del metodo è quella che abbiamo seguito per SCM che vende macchinari industriali per il legno e ora lo fa via Facebook: in un anno, anche grazie al nostro aiuto, è passata da 500 a 800 milioni di fatturato. Avevamo due possibilità: o cercare imprenditori nel mondo del mobilificio sparando i messaggi a tutti i contatti possibili nel panorama del design. O, come abbiamo fatto, andare sul portale degli architetti, selezionare quelli in target, incrociare i contatti con i big data ed estrarre un elenco di tutti quelli che lavorano nel mondo forniture. La lista così ottenuta è stata oggetto di campagne di marketing su Facebook e sui social, abbiamo iniziato a realizzare un milione di euro di vendite al mese.
Insomma, una storia emblematica che qualsiasi cosa si può vendere purché si profilino i clienti.
Voi siete anche gli autori della campagna per Apt e Confcommercio Rimini: mai visto nulla di simile prima.
(Ride) Proponevamo uno stipendio a una coppia per fare una vacanza di 15 giorni e postare sui social tutte le esperienze possibili che si possono fare nella mia città: c’ho messo il cuore. Non vorrei mai vivere in un altro posto. Oggi vado da un cliente a Milano, ma stasera torno sul mio lungomare, una passeggiata con il cane e la vita ha un altro sapore.
E infatti a Rimini c’è l’headquarter: alquanto originale anche quello…
Dalla cucina siamo passati a una Chiesa sconsacrata del XII secolo. La mia società si chiama Black Marketing Guru perché un altro nome delle tecniche che utilizziamo è Black Hat e io ho voluto dare l’idea che fossimo una specie di setta. L’ufficio è uno spazio open con due tavoloni bianchi, nell’abside c’è la zona relax e nella sagrestia zona riunione e ufficio commerciale. Gli appartenenti alla nostra setta hanno una divisa rigorosamente nera e il culto del marketing. Nelle nicchie al posto dei santi i nostri idoli: Elon Musk, Steve Jobs, Mark Zuckerberg. I nostri dipendenti, età media 28 anni ed esperienza senior, non hanno l’obbligo di venire in ufficio, decidono loro dove lavorare: l’unico appuntamento irrinunciabile è il venerdì dalle 15 alle 18 con dj e musica house. Tra una birra e uno spritz facciamo brainstorming: in questo momento nascono idee assurde e campagne pubblicitarie al limite che hanno portato a risultati impensabili. La forma mentis è molto importante perché devi pensare out of the box: e convincere il cliente a darti la fiducia per poter dimostrare che abbiamo ragione. Ora è sicuramente più facile che all’inizio, visto che possiamo mostrargli il portafoglio di lavori importanti già realizzati.
A un certo punto avete avuto bisogno di credito per crescere: BorsadelCredito.it si è rivelata un canale abbastanza alternativo per i vostri standard?
Dovevamo lanciare uno spin off legato al mondo di LinkedIn, che non è un’agenzia di collocamento, ma un portale per trovare clienti e affermare un’identità. Il progetto costava 100mila euro, invece di utilizzare risorse interne abbiamo fatto questa operazione tramite BorsadelCredito.it. Il credito è arrivato in 2 giorni: se avessi scelto la banca, in questo lasso di tempo non sarei probabilmente riuscito neppure a far comprendere come avrei usato il finanziamento. Risultato: stiamo testando il pilota e ne risulta che il mio profilo LinkedIn è il più visitato in Italia. La velocità di erogazione ci ha consentito di avere un risultato in 3 mesi.
Anche su LinkedIn usate la targetizzazione dei profili?
Ovviamente sì: lo facciamo grazie a un algoritmo proprietario basato su AI. Per esempio, un giornalista che vuole cercare nuovi clienti, è orientato sul fintech e cerca responsabili marketing, si iscrive alla nostra piattaforma e noi lo facciamo diventare famoso tra i suoi follower, semplicemente andando a visitare i profili e connettendolo ogni giorno a 200 persone. In questo modo portiamo i suoi contatti a 3mila. Il tool permette di far esplodere il profilo in autonomia e puntiamo a esportarlo più che a venderlo in Italia.
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