L’accesso al credito per le imprese e l’erogazione del credito da parte delle banche sono due percorsi ad ostacoli che spesso faticano a trovare un punto d’incontro. Di chi è la colpa? Di tutti e di nessuno: è un problema di un sistema (gestione, valutazione e comunicazione) che fatica a essere ripensato, che genera numerosi dibattiti e opinioni e di cui si intravede una risoluzione in un orizzonte ancora troppo lontano. Banche e imprese devono in qualche modo cambiare: chi comincia a fare la mossa decisiva?
Di questo si parla spesso a convegni sul tema, come Finanziare la ripresa: le sfide del credito alle imprese, l’evento presentato da BancaFinanza qualche settimana fa a Torino. Dal dibattito sono emersi approfondimenti interessanti circa le prospettive di cambiamenti di banche e imprese.
I modelli di valutazione delle banche
Il patrimonio informativo a disposizione delle banche per valutare le richieste di accesso al credito delle aziende è sempre più importante. Non ci sono solo i “conti” dell’impresa (bilanci, patrimoni) e i rapporti con gli istituti finanziari degli imprenditori: è da considerare anche quell’enorme mole di dati che i soggetti richiedenti lasciano comunicando sul web, oltre ai progetti di sviluppo e alle idee imprenditoriali. La necessità, insomma, è quella di gestire un patrimonio informativo qualitativo di contorno e di prospettiva, in modo da tradurlo in una valutazione più completa di merito creditizio, non limitandosi a rispettare solo le vecchie regole per gli affidamenti (i conti dell’impresa e il suo patrimonio).
Patrimonializzare le imprese
D’altra parte, le aziende sono chiamate a diventare più forti e a essere quindi patrimonializzate con l’intervento diretto degli imprenditori. Il 98% delle imprese italiane sono PMI, ovvero aziende di piccole e medie dimensioni (spesso a conduzione familiare) il cui patrimonio non è spesso sufficiente a garantire solidità al progetto imprenditoriale. Ma questa è solo la punta di un iceberg molto più grande in cui si accumulano criticità che vanno dalla poca dimestichezza a gestire l’informativa aziendale, alla scarsa capacità di una puntuale pianificazione finanziaria, fino a un’eccessiva ottimizzazione fiscale (tutti temi che stiamo approfondendo nell’iniziativa #MeritoCredito)
Un esempio (per capire come stanno le cose)
In un bell’articolo de Il Giornale, a firma Guido Sirtori, la descrizione di un caso tipico fotografa al meglio un momento storico in cui c’è bisogno che banche e imprese rispettino delle regole precise e comunichino secondo un codice condiviso. Ecco l’esempio riportato nell’articolo (che consigliamo di leggere per intero qui):
“negli anni Ottanta un bar con una struttura societaria da srl, un capitale sociale di 1.500 euro, 50 mila euro di immobilizzazioni e 100 mila di giro d’affari dichiarato (ma nella realtà ben superiore) otteneva in banca una linea di credito di 150 mila euro. Oggi lo stesso bar, secondo le regole di Basilea 3, avrebbe un finanziamento al massimo di 10 mila euro. E quindi il dilemma della banca, rispetto a questa apertura di credito, sta nel valutare la solidità del cliente o nell’applicare rigidamente le regole“
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