14 ottobre, 2016

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Scritto da: Redazione Opyn

BorsadelCredito.it a LendIt, dove si disegna il futuro della finanza alternativa

“In Europa la collaborazione tra banche e fintech è un fatto – dice il COO Antonio Lafiosca – in Italia invece il mercato è piccolo soprattutto a causa di normative troppo limitanti”

LendIt Europe è la conferenza londinese, a vocazione internazionale, dedicata alla finanza alternativa dove lo scorso 10 e 11 ottobre il mondo delle “piattaforme” si è dato appuntamento per una due giorni ricca di incontri, panel e speech. E dove, anno dopo anno, si costruisce il futuro della finanza alternativa. BorsadelCredito.it vi ha preso parte, è salita sul palco e ne è tornata con una serie di interessanti stimoli.

Se devo evidenziare le principali tendenze in atto, così come ha confermato uno dei padroni di casa Samir Desai, CEO di Funding Circle – dice il COO di Borsadelcredito.it Antonio Lafioscadirei innanzitutto che continua il percorso di discesa dei traditional lenders rispetto alle piattaforme. D’altro lato, gli investitori sono a caccia di rendimenti che non trovano più nei prodotti tradizionali e che possono invece avere con gli strumenti alternativi e che il marketplace lending sta entrando in maniera dirompente nell’industria finanziaria.”

Tutto evolve alla velocità della luce: in particolare i modelli di analytics e big data alla base delle procedure sempre più evolute e affidabili per garantire la sicurezza dei clienti, la valutazione e l’analisi, il credit risk. La strada è segnata e non si torna indietro.

Anche per le banche, in Europa, è ben chiaro: “La collaborazione tra banche, investitori istituzionali e fintech, in Europa è un fatto – continua Lafiosca – Purtroppo su questo in Italia siano ancora molto indietro.” Anche a causa di un mercato del lending online molto piccolo che raggiunge un valore di 30 milioni di euro, contro i 300 del mercato francese, per fare un paragone con un’economia molto simile. Il confronto con il Regno Unito è impari: oltre Manica il marketplace lending vale già 5 miliardi. Ma lo spazio di crescita, anche nel nostro Paese, è enorme.

Secondo le stime il mercato potenziale del credito alle imprese non servite dalle banche vale 50 miliardi, se consideriamo solo le micro-imprese dove le esigenze di credito sono contenute e tipicamente sotto i 50mila Euro e che dunque sono perfette per l’offerta del p2p lending. E d’altronde le banche non hanno convenienza a finanziare prestiti sotto i 100mila perché il margine di contribuzione non copre i costi fissi, mentre sotto i 30mila è addirittura negativo, secondo un recente studio di KPMG. Alle banche tradizionali conviene prestare a imprese grandi e di qualità elevata, anche per stare nei parametri di Basilea 3.

Cosa si può fare allora per conquistare fette di questo mercato potenziale? Cosa si può imparare dalla lezione britannica, per esempio? “In Italia ci sono alcuni ostacoli difficili da superare – spiega il COO – il primo è sicuramente di tipo culturale e su questo solo il tempo e interventi mirati di divulgazione e formazione possono cambiare le cose. Il secondo è di tipo normativo: ed è la totale mancanza di incentivi all’investimento da parte di istituzionali e qualificati. Il mercato britannico è nato nel 2005 ed è stato regolamentato solo l’anno scorso: ecco, questo dovremmo mutuare dall’esperienza britannica, regolamenti che incentivino e che seguano l’esperienza consolidata, e non che la precedano ponendo di fatto solo vincoli. Vincoli che forse a un occhio neofita non appaiono tali, in un mondo come quello della rete dove le barriere all’ingresso sembrano inesistenti. “Il regolamento di Bankitalia sul social lending che fissa i paletti per la concessione delle licenze stabilisce limiti alla tipologia dell’investitore, non possiamo avere clienti private per esempio; all’importo investibile, che non deve essere superiore ai 50mila euro: insomma, molti più limiti che per un fondo comune di investimento.” Limiti che possono minare la crescita impedendo di fatto l’accesso a investitori come “associazioni benefiche o fondi pensioni, se non attraverso un’autorizzazione esplicita a fare credito. Le normative ci sono, sono troppe e spesso incomplete e non completamente connesse tra di loro. Eppure le soluzioni esistono e sono semplici.”