25 giugno, 2019

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Scritto da: Redazione Opyn

Il P2P lending italiano? Potrebbe erogare 38 miliardi di euro nel 2028. Parola di PwC

Secondo Emanuele Egidio, Associate Partner PwC Deals, questo sarebbe il risultato se il settore seguisse lo sviluppo del mercato britannico (atteso valere il 40% del mercato dei prestiti nel 2030). Ma in Italia siamo ancora indietro nello sviluppo dei modelli di business collaborativi e mancano gli investitori istituzionali

Lo SME lending, ovvero il settore dei prestiti alle imprese attraverso piattaforme FinTech, rappresenta il 10% della market share del Regno Unito, ma si potrebbe attestare al 37% del mercato nel 2030, con una stima di ricavi pari a 4,1 miliardi di sterline. La previsione è contenuta nel report PwC “Harnessing the power of disruption”.

Insomma, nel giro di dieci anni, nel pioneristico mercato inglese e in barba alla Brexit, il P2P lending dovrebbe progressivamente erodere quote di mercato alle banche tradizionali nel settore dei prestiti alle piccole e medie inglesi. Ne abbiamo parlato con Emanuele Egidio, Associate Partner PwC Deals: “Il mercato inglese si è evoluto molto: in particolare oggi si basa su un sistema cosiddetto ‘originate and distribute’, una stretta collaborazione tra piattaforme che originano nuovi clienti (retail e business) e investitori (banche, assicurazioni e fondi di credito) che mantengono sui propri libri i prestiti originati. In sostanza, le piattaforme FinTech erogano i prestiti dal proprio bilancio e poi li distribuiscono tra i grandi investitori tramite meccanismi di cessione o syndication. Un particolare modello di investitore di questo tipo di prodotti è rappresentato da fondi pensione che hanno un obiettivo di rendimento tra il 3% e 4% e vogliono avere investimenti stabili, che i prestiti alle PMI, in generale poco volatili, riescono a dare. Le piattaforme FinTech dal canto loro guadagnano attraverso origination e servicing fees, spiega Egidio. Il sistema è win win, perché le banche, che preferiscono andare su ticket più grandi che risultano remunerativi, aderendo al modello collaborativo riescono a offrire alle PMI una migliore customer experience, e l’erogazione del credito in maniera efficace e veloce.

Il modello britannico nasce intorno ai mutui residenziali ed è stato sostanzialmente replicato dal P2P lending dedicato alle piccole e medie imprese – continua Egidio – ma il vero salto di qualità e di dimensione per le piattaforme – prima fra tutte la pioniera Funding Circle – si è avuto veramente con il passaggio dall’investitore retail a quello istituzionale”. Passaggio che in Italia è ancora di là da venire. 

Pertanto pur essendo probabilmente il mercato più dinamico d’Europa, con una crescita dei volumi superiore alla media europea (che nel 2018 si è attestata intorno al +90%), l’Italia resta indietro in termini di sviluppo dei modelli di business. “Proprio perché il mercato italiano appare ancora in una fase di iniziale, come una start up su cui potenzialmente scommettere, le stime rispetto alla quota di mercato prospettica appaiono ancora premature soprattutto considerando che il peso di questo nuovo business appare ancora molto lontano rispetto a quello presidiato dai canali bancari tradizionali, tuttavia il gap non sembra irraggiungibile”, dice Egidio. Il volume di erogato delle piattaforme ha superato il miliardo di euro, rispetto a un fabbisogno di 50 miliardi che le PMI hanno perduto nel corso del 2018 in termini di credito bancario, secondo le rilevazioni di Bankitalia. In termini di volumi erogati, “il business del P2P Lending potrebbe conquistare “agevolmente” il 10% della market share dei prestiti a breve e a medio termine in Italia, qualora il tasso di crescita di questo mercato mostrasse una tendenza, simile a quella inglese, a sviluppare un CAGR di oltre il 40% nei prossimi dodici anni, superando nel 2028 la soglia dei 38 miliardi di euro di erogazioni”. Un primo spiraglio oggi si è aperto in Italia sul settore delle micro imprese, che le banche non riescono a finanziarie. “Su questo segmento dove il cost income non regge e per le banche il rischio risulta troppo elevato le piattaforme con i loro modelli agili possono fare la differenza. Così come sull’invoice trading, che è uno strumento molto flessibile rispetto all’anticipo fatture bancario e piace alle aziende italiane come forma di finanziamento del working capital perché ricevono risposta immediata e non ci sono problemi di plafond”.

Un limite ulteriore alla crescita è rappresentato dalla carenza di investitori istituzionali, che nel nostro Paese non giocano una partita attiva, non sfruttando appieno le potenziali sinergie ottenibili da una collaborazione con le società FinTech specializzate sul Lending. “In Italia solo quando tale modello sarà replicato da investitori istituzionali – e principalmente dalle banche a causa della scarsità di fonti alternative di finanziamento – il mercato si aprirà veramente”, conclude l’esperto.