4 aprile, 2017

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Scritto da: Redazione Opyn

Ecco perché le micro imprese devono rivolgersi al marketplace lending (se non vogliono restare al palo)

Sme supporting factor, accesso facilitato a Borsa e debito non sono bastati a frenare il calo dei prestiti bancari alle micro imprese. Vi spieghiamo perché e qual è per loro l’alternativa

Credito alle imprese in rialzo. Sì, ma non per tutte: quello alle piccole e micro aziende, sotto i 20 addetti, secondo le rilevazioni di Confartigianato, è in calo del 2,0% a novembre 2016 anno su anno, mentre salgono dello 0,4% quelli alle imprese medio-grandi. A settembre 2016 lo stock di prestiti concessi alle imprese artigiane è stato d 42,9 miliardi, il valore minimo degli ultimi 15 anni. Insomma, a guardare i dati nel dettaglio, le piccole sono sempre in affanno e anche quelle che vorrebbero investire per crescere non trovano finanziamenti se si rivolgono ai canali tradizionali (leggi, le banche). La soluzione? Potrebbe essere il marketplace lending che in Italia è offerto da BorsadelCredito.it e da altre realtà emergenti.   

Perché le piccole imprese non riescono a trovare credito? I motivi sono diversi, alcuni li traccia Bankitalia in un documento pubblicato a febbraio con il titolo “Fragilità finanziaria delle imprese e allocazione del credito” (scaricabile qui): si tratta di uno studio su un campione di 260.000 imprese, di cui 197.620 micro, ovvero con fatturato sotto i due milioni. “Nel 2015 – leggiamo nel rapporto – i prestiti bancari sono cresciuti per le imprese di maggiore dimensione mentre hanno continuato a contrarsi per quelle più piccole; questo divario si osserva anche per aziende appartenenti allo stesso settore di attività economica o con condizioni di bilancio simili. Stime econometriche confermano che, a parità di numerose caratteristiche di impresa (redditività, liquidità, dinamica del fatturato, spesa per investimenti, settore di attività economica e area geografica), il credito si è ridotto soprattutto per le microimprese e per le aziende più rischiose. La maggiore fragilità finanziaria delle microimprese, dovuta in particolare al più elevato indebitamento, spiega oltre il 70 per cento della differenza nel tasso di variazione dei prestiti con le grandi aziende e circa il 40 di quello con le imprese di piccola e media dimensione.” Ovvero, più le aziende sono piccole, più sono indebitate e quindi finanziariamente fragili e meno trovano accesso al mercato dei finanziamenti e rifinanziamenti.

Un problema talmente pressante che le istituzioni stanno provando a trovare soluzioni. Lo scorso novembre, per esempio, la Commissione europea ha consolidato ed esteso lo Sme supporting factor, ovvero uno sconto sulla ponderazione per gli impieghi che le banche hanno in prestiti alle PMI. Un incentivo a trasferire liquidità all’economia reale, abbattendo il rischio attribuito ai prestiti per le PMI ed evitando che questo influisca in maniera peggiorativa sul CoreTier 1, il requisito patrimoniale che secondo le regole di Basilea va tenuto sotto controllo per qualificarsi come istituti di credito solidi.

Secondo quanto scrive Abi per perorare la causa dello Sme supporting factor proposto proprio dall’Associazione delle banche insieme a Confindustria, Alleanza delle cooperative italiane e Rete imprese Italia, “le piccole e medie imprese italiane rappresentano il volano dell’economia italiana ed europea. La loro principale fonte di finanziamento è rappresentata dai prestiti bancari. Le regole di Basilea 3 (e la loro trasposizione nella normativa europea con la Crr/Crd4) hanno previsto per le banche un incremento significativo sia della qualità che della quantità di capitale necessario a fini regolamentari.”

Lo Sme factor serve a “mantenere la possibilità per le banche di concedere sostanzialmente lo stesso ammontare di credito alle piccole e medie imprese” e consiste “in un fattore di ponderazione da applicare ai soli finanziamenti alle piccole e medie imprese che permette di compensare l’aumento dei requisiti di capitale imposto dalla nuova regolamentazione lasciandolo invariato al livello pre-crisi dell’8% (mentre attualmente sul mercato si trova già al 10,5%).”

In sostanza sui prestiti fino a 1,5 milioni di euro erogati alle Pmi si effettua un fattore di ponderazione del 23,81% che permette di ridurre l’accantonamento di capitale di vigilanza; e del 15% per la parte eccedente il milione e mezzo, senza limiti di importo. Secondo Federcasse la capacità di reperire finanziamenti da parte delle Pmi aumenterà grazie a questa norma da 10 a 20 volte. Basterà? Non per le imprese più piccole e per questo più fragili. Così come facilitare l’accesso al mercato dei capitali – con programmi come Elite che accompagna le imprese in un percorso che le avvicina alla quotazione, o il mercato Sim che prevede Ipo semplificate, o inventare i minibond – non ha risolto il collo di bottiglia finanziario. Perché tutti questi strumenti lasciano comunque fuori le micro imprese con fatturato sotto i 2 milioni e necessità di cassa nell’ordine di centinaia di migliaia di euro (sotto il milione). E per loro, ormai la strada è tracciata: il credito è fintech, affidabile, senza costi nascosti, con tempi di risposta ed erogazione che non superano i tre giorni.

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