3 ottobre, 2017

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Scritto da: Redazione Opyn

Perché per le PMI è vitale diversificare i canali di accesso al credito

Lo suggeriscono i numeri sui prestiti bancari, lo chiede la Ue, lo impone la rivoluzione FinTech

Il credit crunch? Non è superato, al di là dei proclami di chi dice il contrario. Un numero da solo dovrebbe convincere tutti: in Italia il credito bancario alle PMI è diminuito dai 95 miliardi del 2008 intorno ai 54 miliardi di oggi. Praticamente dimezzato: in mezzo una crisi che proprio nelle banche e nella loro patrimonializzazione ha, nel nostro paese, il suo fulcro.

Le PMI hanno quindi una grande necessità di fonti alternative di accesso al credito, che sono ormai disponibili sul mercato – e il P2P lending che cresce a ritmi rapidissimi ne è un esempio lampante. Secondo p2plendingitalia, nel primo semestre del 2017, l’Italia ha contribuito al mercato europeo con l’11% dell’erogato, pari a 66 milioni nel semestre (+233% anno su anno), ultimo dato disponibile. Il che porta l’erogato da inception a 160 milioni, di cui 86 attribuibili al segmento de prestiti alle imprese e sconto fatture. Di questa cifra, oltre 16,5 milioni fanno capo a BorsadelCredito.it, che ha il vantaggio di essere stata pioniera assoluta nel settore in Italia e ha già un track record di due anni.

Ma torniamo ai dati sui prestiti bancari: secondo le rilevazioni di Confartigianato, a luglio 2017 i prestiti alle società sono cresciuti dello 0,5% (e quelli al totale delle famiglie del 2,7%). Gli ultimi dati disponibili per classe dimensionale indicano però che a maggio 2017 i prestiti alle imprese medio-grandi crescono dello 0,7% mentre scendono dell’1,4% quelli alle imprese con meno di 20 addetti. Sono sempre le più piccole, le micro imprese che sono il target di BorsadelCredito.it, le più penalizzate dal sistema bancario.

Non solo. Il basso dinamismo del credito nell’attuale fase di ripresa, sempre secondo Confartigianato, riduce il rapporto tra prestiti alle imprese e PIL che nel secondo trimestre 2017 è scivolato al 50,2%, in diminuzione di 2,5 punti rispetto al 52,7% lo stesso periodo dell’anno precedente. Nell’arco di sei anni il rapporto credito alle imprese/PIL ha cumulato un calo di 11,4 punti percentuali rispetto al 61,6% del secondo trimestre 2011.

I numeri del P2P lending sono ancora piccoli per poter incidere su queste dinamiche, ma qualcosa si muove finalmente: nell’ultimo periodo non solo le imprese con esigenze di cassa di piccolo taglio si sono rivolte a noi, che offriamo il vantaggio di avere prestiti anche sotto i 100mila euro – che per le banche non sono convenienti, perché sono un costo che non offrono loro alcun margine. Anche qualche azienda medio-grande ha iniziato a guardare con interesse al nostro prodotto: perché risolviamo un’esigenza che la banca con i suoi prodotti standard non è in grado di risolvere, perché siamo veloci, perché rappresentiamo una fonte di diversificazione dei finanziamenti e un’esperienza unica e moderna di accesso al credito.

In ogni caso, diversificare le fonti di finanziamento dovrebbe essere una priorità per le imprese perché consente di avere più canali per il reperimento di liquidità, oltre a contribuire a rendere il conto economico più equilibrato e la crescita più solida. Secondo CRIF Ratings, nell’ultimo decennio la ridotta disintermediazione dal canale bancario delle PMI italiane ha contribuito a frenarne la crescita. Il profilo finanziario delle PMI (in particolare la ricerca è stata condotta su 15mila imprese con fatturato tra 10 e 500 milioni) mostra un’eccessiva dipendenza dal supporto del sistema bancario per fronteggiare le esigenze finanziarie di breve e lungo periodo. Nel periodo esaminato da Crif (2006-2015) i cambiamenti nelle strategie di finanziamento delle PMI italiane sono stati poco significativi: il debito bancario è rimasto costantemente oltre l’85%. Solo un numero ristretto di aziende, poco più del 5%, ha diversificato le proprie fonti facendo ricorso ai mercati dei capitali. “La percentuale delle obbligazioni sui debiti finanziari per le PMI analizzate (4,1%) – scrive Crif – risulta circa 1/3 rispetto alla media delle aziende italiane non finanziarie (13%), a loro volta molto al di sotto dei livelli rilevati in UK (26%) e USA (41%).” E anche in Europa, il confronto è impietoso: secondo Banca d’Italiail credito bancario vale, in Italia, oltre due terzi dei debiti finanziari delle aziende, contro un terzo in Francia e nei Paesi anglosassoni e la metà in Germania.”

E la diversificazione delle fonti di finanziamento è una priorità anche per l’Ue, come descritto nel piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali, entro il 2019. “Vi è la necessità, da un lato, di informare maggiormente le piccole imprese con esigenze di finanziamento sulle opzioni basate sul mercato a loro disposizione e, dall’altro, di aumentare la visibilità delle imprese agli occhi di potenziali investitori locali e paneuropei”, si legge nel documento. Ed è proprio quello che noi stiamo cercando di fare con il nostro lavoro.

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