La digitalizzazione, che abilita anche la sostenibilità, è la via per garantire una user experience snella e personalizzata, sempre più richiesta dai clienti anche quando comprano servizi finanziari. Ecco perché da questo punto non si torna più indietro
Che la pandemia sia stata un acceleratore lo abbiamo sentito milioni di volte nel corso dell’ultimo anno. Che finita l’emergenza si tornerà indietro riprendendo tutte le vecchie abitudini, anche quelle cattive, idem. Ma se sulla prima affermazione non c’è dubbio che sia così, sulla seconda è bene mostrare alcune riserve.
Ci sono settori come quello finanziario dove alcune vecchie e cattive abitudini saranno abbandonate per sempre, anche dalle banche tradizionali, il cui cambiamento, se non ci fosse stata la pandemia, sarebbe stato senza dubbio più lento. Oggi per loro non è più possibile procrastinare.
I clienti finanziari vogliono velocità, personalizzazione e praticità (ovvero FinTech)
Secondo il World Fintech Report 2021 di Capgemini ed Efma, pubblicato il 31 maggio, l’adozione di modelli digitali durante la pandemia, ha generato una forte pressione sulle banche tradizionali: oggi il 25% dei consumatori di tutto il mondo richiede servizi più veloci, personalizzati e pratici e afferma di essere disposto a sperimentare i prodotti bancari offerti dagli operatori di nuova generazione. Ovvero noi, il FinTech, vicini (secondo lo stesso report) al traguardo della redditività, grazie alla crescita registrata nell’anno pandemico, con i deal che sono aumentati dell’11% anno su anno solo nell’ultimo trimestre 2020.
Il che non significa che le banche spariranno, solo che, anziché tornare indietro, spingeranno forte sul cambiamento e l’integrazione di tecnologie evolute per garantire ai clienti la user experience che richiedono con sempre maggior insistenza. Non esiste alternativa: è necessario adottare l’approccio digitale e dotarsi dei modelli del FinTech.
Dalla loro gli istituti di credito tradizionali hanno il vantaggio di poter contare sulla fiducia dei clienti oltre che su numeri costruiti in decenni. Una fiducia necessaria perché per garantire una user experience adeguata servono i dati dei clienti, i quali però spesso non sono disponibili a condividerli se questi, come allo stato attuale, non vengono adeguatamente valorizzati. Lo sostiene l’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui solo l’11% dei clienti condivide già con la banca dati su viaggi e spostamenti, il 15% comunica alla banca informazioni sulla famiglia; mentre il 27% dichiara che al momento non intende condividere nessuna informazione con la banca. “Decenni di lacune operative, tecnologie e modelli di business classici interconnessi comportano significative sfide di trasformazione per gli operatori tradizionali”. Non lo diciamo noi, ma, ancora una volta, CapGemini ed Efma.
Manca ancora una visione a supporto del modello digital-only
Lo stesso report rileva anche un’altra debolezza: gli ostacoli alla creazione di una banca digital-only sono per lo più la mancanza di supporto a lungo termine della capogruppo (47%), l’indisponibilità a sostenere la cannibalizzazione strategica a breve termine della base clienti della capogruppo (43%) e difficoltà nell’indirizzare deboli offerte digital-only (55%). Manca, in sintesi, la cultura necessaria a operare un cambiamento radicale e complessivo.
Tanto che gli ostacoli non si riescono a superare neppure di fronte alla constatazione che una banca digital-only consentirebbe di realizzare l’obiettivo della sostenibilità (zero carta e zero sportelli) in quella che è un’industria ancora pesantemente energivora: secondo un recente studio dal titolo “Sul consumo di energia di Bitcoin: un approccio quantitativo a una domanda soggettiva” (realizzato da Galaxy Digital, l’azienda crypto di Michael Novogratz), il settore bancario consuma ogni anno 263 TWh di energia, circa il doppio di quanto non faccia bitcoin, che è notoriamente un’industria a elevato consumo di risorse energetiche.
E l’open banking?
L’open banking da quando è stato introdotto a settembre 2019 con il recepimento di PSD2 in Italia, si è limitato all’aggregazione dei conti correnti (ne abbiamo parlato qui). Nel prossimo futuro il potenziale di questa novità dovrà essere sfruttato per aumentare il numero di nuovi servizi offerti creando app di multi-banking. Includendo servizi diversi, dalla gestione dei patrimoni, i prestiti e i mutui, l’intermediazione finanziaria o i servizi assicurativi.
Per compiere il percorso nei tempi necessariamente più brevi richiesti dalle circostanze e con costi e risultati migliori, si attuerà quella che finora è stata una speranza, ovvero la collaborazione reale a fattiva tra banche e FinTech. E le FinTech italiane, 300 a fine 2020, offrono un ecosistema pronto a intercettare le richieste di user experience di qualità, velocità di risposta, trasparenza e sostenibilità.
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