3 dicembre, 2019

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Scritto da: Redazione Opyn

Dov’è l’innovazione nella Legge di Bilancio 2020

Mentre continuiamo a cercare tra gli articoli la smart nation promessa a inizio legislatura dai 5 Stelle, ItaliaFinTech (e anche BorsadelCredito.it) boccia il decreto fiscale sulla parte della guerra al contante. Che esclude completamente il FinTech e rischia di essere un boomerang. Buone intenzioni, ma applicazione pratica complessa

Nell’ultima versione della Legge di Bilancio 2020 di “innovazione” è rimasto ben poco.

Niente più startup dentro ai PIR, tanto per fare l’esempio più eclatante: un decreto correttivo ha cancellato l’obbligo a investire in Venture Capital il 3,5% dei panieri dedicati al retail e focalizzati sull’Italia, perché di fatto l’industria del risparmio gestito non è riuscita a realizzare prodotti compliant e il mercato, che nei primi due anni aveva raccolto oltre 15 miliardi di euro, era sostanzialmente fermo da inizio 2019. 

Ma non solo. Si rischia un effetto boomerang anche con il tema della lotta al contante, i cui dettagli sono stati resi pubblici nel decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 entrato in vigore lo scorso 27 ottobre (assicurando 6,5 miliardi di risorse a disposizione della manovra 2020). 

Un boomerang che inoltre lascia del tutto fuori dai giochi, ancora una volta, il FinTech, come sottolineato dall’associazione di categoria ItaliaFintech, la cui posizione è condivisa apertamente anche da BorsadelCredito.it. 

Le regole per la società cashless non fanno menzione del FinTech

Prima, una piccola premessa per capire di cosa stiamo parlando. La strategia cashless del governo in carica prevede diverse misure, oltre al tetto al contante (di 2mila euro per il 2020 e il 2021 e si abbasserà a mille euro per il 2022): dal primo gennaio 2020 dovrebbe infatti partire la lotteria degli scontrini (mancano i decreti attuativi), a cui ogni acquirente parteciperà indicando il proprio codice fiscale all’esercente presso cui sta effettuando un acquisto. I premi sono esentasse e vengono maggiorati per chi paga con strumenti digitali (questo è il Bonus Befana). Sono inoltre previste sanzioni per gli esercenti che rifiutano il codice fiscale o non lo inviano all’Agenzia delle Entrate. Infine, il decreto introduce, dal prossimo primo luglio, un credito d’imposta del 30% sulle commissioni che gli esercenti con fatturato fino a 400mila euro pagano su carte di credito e di debito e sanzioni (di 30 euro più il 4% del valore della transazione) per quelli non accettano pagamenti elettronici.

In questo impianto ci sono due problemi: la possibilità di danneggiare la concorrenza di mercato e il fatto che crei l’erronea percezione che i pagamenti digitali corrispondano alle carte, tralasciando completamente le innovazioni FinTech

La posizione dell’associazione ItaliaFintech è stata esplicitata dal Direttore Generale Marta Ghiglioni, durante un’audizione della Commissione Finanza alla Camera.

Il mercato di riferimento

Le premesse da cui partire sono due: lato cliente, il fatto che gli strumenti di pagamento elettronico siano preferiti dal 45% dei cittadini (dati del più recente studio di Banca d’Italia sui sistemi di pagamento), contro un 39% che sceglie di utilizzare il contante. “Entrambi i dati sono superiori alla media europea, dando un’immagine polarizzata del nostro Paese su questo tema”, scrive ItaliaFinTech. Che nota sul fronte degli esercenti la presenza di moltissime PMI e professionisti, un dato che rende l’adozione di pagamenti elettronici, con gli annessi costi di commissione e gestione, poco conveniente per molti.

In questo contesto, il FinTech cresce e “suscita l’interesse di imprese, sia piccole e medie che grandi, oltre a costituire per molti cittadini punti di riferimento nella gestione dei pagamenti, investimenti e finanziamenti, sia equity che prestiti”. Un italiano su 4 usa servizi FinTech, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano; mentre su circa 1,7 miliardi di euro erogati a imprese da lender digitali in Europa (escludendo il Regno Unito) 1 miliardo pertiene all’ Italia. “Il Fintech nasce per risolvere problemi concreti dei cittadini e delle imprese nella relazione con le proprie finanze. Applicando la tecnologia, questi operatori in tutto il mondo migliorano l’esperienza dei propri utenti e offrono servizi innovativi disegnati per le diverse e eterogenee necessità del mercato. Non solo, negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente contaminazione tra finanza tradizionale e innovativa, tant’è che molte banche hanno investito direttamente nel capitale di startup Fintech e/o ne offrono i servizi con diverse modalità di partnership”. 

Difetti tecnici e di narrativa (e possibili soluzioni FinTech)

Ebbene, tutto questo movimento, nel decreto sulla società cashless, è completamente assente. Premi e sanzioni sono riservati solo a chi usa o non usa carte di credito o debito: non si fa alcun riferimento a strumenti diversi, dalle prepagate a strumenti più sofisticati (quelli delle app come Satispay, per intenderci). Dunque, da un lato “il pensare e scrivere le norme avendo in mente le carte, rischia di far dimenticare, e di conseguenza non valorizzare, quell’offerta innovativa nata proprio a colmare le inefficienze del sistema tradizionale”, dall’altro, “la narrativa intorno ai pagamenti elettronici che si sta sviluppando nell’opinione pubblica, legata ad obblighi e doveri, non favorisce l’adozione dei sistemi”. 

Anche la lotteria degli scontrini, con la comunicazione del codice fiscale a fronte di ogni singolo pagamento elettronico è un rischio: perché rallenta i pagamenti e di fatto potrebbe disincentivare l’utilizzo dei sistemi elettronici; senza considerare problemi legati a errori di registrazione e archiviazione di dati sensibili in un registratore di cassa che non è in grado di proteggerli. I dati potrebbero essere comunicati in automatico, protetto e immediato attraverso i sistemi di pagamento FinTech.

La maggior critica contenuta nell’audizione di ItaliaFinTech, nel cui intervento più volte si apprezza e si riconosce la tensione all’innovazione del governo, sta nell’osservazione del fatto che il legislatore non concentri le sue azioni verso i risultati, ma si spinga “nell’individuare in maniera prescrittiva gli strumenti attraverso i quali l’innovazione debba essere eseguita”.

Insomma, è stato fatto un primo passo, ma i successivi andrebbero riprogrammati. In fretta, per non perdere occasioni che non tornano.

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