12 giugno, 2018

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Scritto da: Redazione Opyn

Il governo del cambiamento? Per ora non parla di Fintech

Tra emergenza immigrazione e mercati turbolenti, il tema dell’innovazione non ha ancora conquistato la giusta priorità

Con un presidente del Consiglio strappato all’Accademia, senza un ministro per l’Innovazione, con il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio che ha accentrato su di sé i dicasteri di Sviluppo economico e Lavoro e infine con un tecnico all’Economia, ha iniziato il suo lavoro il “governo del cambiamento”. Frutto di un contratto stilato tra i già citati cinque stelle e la Lega, come affronterà (se li affronterà) questo esecutivo controverso i temi che ci stanno a cuore? Attuerà politiche efficaci per il Fintech, misure a favore del P2P lending o nella finanza alternativa in generale?

Al momento, il dibattito pubblico è incentrato su temi diversi, dalla gestioni degli sbarchi allo spread alla turbolenza sui mercati, e l’innovazione appare come la grande assente. Tuttavia proviamo a fare qualche previsione, spulciando innanzitutto nel contratto di governo. Si usa, nel documento, per 11 volte la parola “innovazione”, legandola di volta in volta a green economy, Enti pubblici di ricerca, capitale umano, start-up, politica industriale. Al punto 5, intitolato “Banca per gli investimenti e il risparmio” nel paragrafo “Tutela del risparmio” si cita il Fintech, nella conclusione: “occorre investire per sviluppare l’innovazione tecnologica nella fornitura di servizi e prodotti finanziari (blockchain e FinTech), anche al fine di garantire una maggiore trasparenza nelle transazioni finanziarie.”

Dunque, pur se in maniera molto vaga, siamo presenti nel contratto. Non è dato sapere altro su tipologia ed entità di questi investimenti. Tuttavia, nello stesso capitolo si parla della necessità di prevedere una “Banca per gli investimenti, lo sviluppo dell’economia e delle imprese italiane”, che svolgerà, tra l’altro “attività di secondo livello per le piccole e medie imprese agendo in cofinanziamento con il sistema bancario.” Un’affermazione che lascia intendere la consapevolezza che ci sia la necessità di offrire alle PMI canali alternativi di finanziamento. E dunque che il lavoro di BorsadelCredito.it, specializzata nel P2P lending alle imprese, sia coerente con le prossime politiche industriali. Staremo a vedere. Nel frattempo, vale la pena fare un piccolo ripasso di quanto promesso nei programmi dei due partiti al governo.

Il M5S scriveva esplicitamente di Fintech in un capitolo del suo programma dedicato alle Telecomunicazioni. “Con il termine Fintech ci si riferisce, in via generale, all’applicazione delle tecnologie dell’informazione ai servizi bancari e finanziari – si legge nel documento – questo fenomeno che si sta imponendo sulla scena globale negli ultimi anni ha portato a significative modifiche nel rapporto delle banche e degli intermediari finanziari con la propria clientela, abilitando un contatto più diretto e immediato attraverso la rete.” Qual era la visione del primo partito italiano? “Il Movimento 5 Stelle ritiene che non solo non si debba avere un atteggiamento pregiudiziale verso l’irrompere delle nuove tecnologie in settori tradizionali come il mondo bancario e finanziario, ma anzi occorra favorire lo sviluppo di tali fenomeni nel momento in cui consentono di democratizzare il mondo del credito e favorire, sotto questo profilo, l’inclusione finanziaria. Favorire tali fenomeni non significa – continua – lasciare campo libero agli operatori. La via maestra da seguire passa dapprima da una conoscenza e da un’analisi approfondita del mondo finanziario che sta cambiando, per poi approntare una regolamentazione, anche minima, del Fintech a tutela degli interessi incisi e quindi primariamente degli interessi dei consumatori, come peraltro sottolineato dalla stessa Commissione UE. Occorre, a nostro avviso, partire anche in Italia con l’acquisizione di una maggiore consapevolezza sul fenomeno a tutti i livelli, dalle autorità di regolamentazione al Parlamento, per poi regolare il fenomeno pensando a regole favorevoli all’innovazione in grado di tutelare efficacemente i consumatori che utilizzano e utilizzeranno in maniera sempre crescente tali servizi.”

Insomma, una strategia che sembra essere quella giusta per incentivare il nostro mondo e far sì che funzioni da volano per l’economia italiana, che non ha mai mostrato veramente segnali di una decisa ripresa. Una strategia che sarà implementata? Oppure sarà soffocata dalla visione della Lega? Nel programma firmato da Matteo Salvini, c’era un capitolo dedicato all’innovazione digitale, in cui però non si faceva cenno, come nel resto del documento, al Fintech. Tuttavia, un primo elemento di cambiamento in quest’ambito potrebbe essere l’attenzione del partito agli investimenti in imprese giovani, innovative e tecnologiche puntando più che sulla finanza di matrice bancaria, a “far fluire più capitale privato al settore dell’imprenditoria giovanile mediante obblighi di legge che prevedano un investimento minimo (in uno spettro compreso tra il 3% e il 5%) in questo settore per i Piani Individuali di Risparmio (PIR) e per i fondi pensione italiani.”

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