2 dicembre, 2016

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Scritto da: Redazione Opyn

Chi sono le banche Usa (e cinesi) che vogliono diventare Fintech

Il 2017 sarà l’anno della cooperazione tra banche e social lending. Parola di Jason Jones, che lo scrive per Lend Academy, qui. Il riferimento è al mercato degli Usa e a una serie di piccole banche del North Carolina affamate di deal. Una notizia dirompente anche per l’evoluto sistema del credito americano, che pare aver smesso di temere la disruption che deriva dal Fintech e va alla ricerca di forme di collaborazione. Secondo una recente inchiesta di Manatt, il 72% dei CEO delle banche regionali o locali in genere pianifica una cooperazione con il Fintech nel corso nei prossimi 12-18 mesi.

Le forme di collaborazione sono essenzialmente tre, sintetizzabili da altrettante sigle. La prima, BFB (Bank-Fintech-Bank), prevede che la banca usi i suoi canali per trovare richiedenti, la piattaforma fintech faccia la valutazione e la banca utilizzi i suoi depositi per finanziarlo: ne sono esempi la partnership tra JP Morgan & OnDeck, Santander & Kabbage, e Regions Bank & Avant.

Nello scenario Fintech-Fintech-Bank (FFB), invece, la piattaforma online usa il suo canale per trovare richiedenti e la tecnologia del portale per sottoscrivere il prestito, mentre la banca fornisce il capitale. Così fa Lending Club nelle sue partnership con Union Bank e BancAlliance.

Bank-Fintech-Fintech (BFF) è infine il terzo scenario in cui la banca usa i suoi canali per trovare i richiedenti, ma la Fintech valida i prestiti e li finanzia: ne sono esempi le partnership tra Regions Bank & Fundation e Radius Bank & Prosper.

C’è chi invece va anche oltre. Parliamo di Goldman Sachs. A metà ottobre hanno lanciato Marcus, la prima piattaforma di direct lending costruita in ottica Fintech, a partire dall’acquisizione della banca commerciale di Ge Capital con il suoi 16 miliardi di dollari in depositi. La piattaforma offre prestiti a privati, tasso fisso, senza commissioni, tra i 3.500 e i 30.000 dollari.

Le interazioni tra colossi bancari e Fintech sono negli Usa sempre più pervasive. Lo dimostrano molte storie. Come quella citata da Fortune, secondo cui a giugno Citibank stesse cercando una serie di partnership con start-up Fintech per aggiungere servizi di p2p alla sua offerta. In questo caso di parla di pagamenti p2p e non di prestiti, ma sono comunque la misura di una commistione crescente tra due realtà che fino a qualche anno fa si guardavano in cagnesco.

Secondo il magazine online Bank Innovation, l’accordo potrebbe essere in via di definizione con Square Cash, nel settore dei pagamenti p2p. Altre grosse banche yankee hanno già introdotto questi servizi nella loro gamma: Wells Fargo & Co., Bank of America, JPMorgan Chase, Capital One, US Bank, tutte offrono ai propri clienti i servizi di ClearXchange e ne fanno un punto di orgoglio, naturalmente.

In tema di acquisizioni, l’unica banca ad aver seguito quella strada è SunTrust che nel 2012 ha comprato FirstAgain (ora LightStream), una piccola start-up che ora è la maggior piattaforma di prestiti al consumo degli Usa, avendo movimentato 1,5 miliardi di dollari nel 2015. In mondi ancora più lontani, in Cina, PingAn è diventata la prima grande società finanziaria a lanciare una piattaforma di social lending, Lufax, nel 2013: Lufax è cresciuta in maniera esponenziale usando le risorse delle banche da cui è scaturita e in pochissimo tempo ha esteso i suoi servizi al wealth management e al trading degli istituzionali. Oggi è una delle maggiori 5 Fintech al mondo: un gigante con un valore di 18 miliardi di dollari che pianifica di quotarsi in 12-18 mesi.

Nel Vecchio Continente (al netto di UK), intanto, si sta – tranne rare eccezioni – a guardare.

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