14 aprile, 2017

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Scritto da: Redazione Opyn

Ecco perché è necessario digitalizzarsi per chi fa finanza: il punto di vista di State Street

La tecnologia? Ancora una chimera per la maggior parte delle società di investimento. Eppure “il vecchio modo di fare le cose non attrarrà i Millenials, che cercano un’esperienza molto più tecnologica”. A dirlo non è il ceo di una start up fintech, ma James R. Lowry, Emea head di State Street Global Exchange, ovvero uno dei fornitori leader a livello mondiale di servizi finanziari per investitori istituzionali, con 29 mila miliardi di dollari di asset in custodia e amministrazione e 2.470 miliardi di dollari di patrimonio gestito.

State Street Corporation ha condotto un’indagine globale su 2.000 investitori e 500 provider di servizi di investimento presentata qualche giorno fa a Milano e riportata nel documento dall’eloquente titolo “Finance Reimagined: Finding Long-Term Value in a Digital Age“.

Il dato probabilmente più interessante per chi fa il nostro mestiere è che tra le società di investimento intervistate – un gruppo che va dalle banche universali e società di gestione del risparmio a società di investimento alternative e start-up fintech – quasi la metà (49%) afferma che la tecnologia stia ridefinendo le logiche di mercato. Otto su dieci (81%) ritengono che la trasformazione digitale sia importante per il futuro della propria organizzazione.

Tra di esse, poi State Street individua i leader, ovvero coloro che utilizzano le tecnologie digitali per trasformare le proprie società, e che si distinguono per le tre “i” dei dati: integrazione, integrità e intelligence. I leader sanno “integrare dati interni ed esterni; trarre dai dati stessi nuove informazioni di intelligence per migliorare il processo decisionale, la velocità e l’attenzione al cliente; e infine proteggere l’integrità di questi dati con i più elevati livelli di sicurezza informatica.”

La maggior parte, dicevamo all’inizio, sono però in ritardo digitale, perché stentano ad abbracciare le nuove tecnologie rispetto ai loro colleghi leader. Che sono molto più avanti su diversi parametri: per esempio sull’applicazione di solide misure di sicurezza informatica per garantire l’integrità dei dati (64% vs il 22% delle imprese in ritardo digitale); sull’allineamento delle funzioni di front, middle e back office per offrire ai clienti un servizio migliore (63% vs 30%); sull’uso di data e analytics per migliorare il processo decisionale (63% contro 24%); persino sull’identificazione di aree future di crescita (63% contro 35%); infine, il 52% si concentra sulla costruzione di un approccio integrato e omni-canale, rispetto ad appena il 24% delle imprese in ritardo digitale.

Cosa devono fare le imprese in ritardo per recuperare? State Street fornisce alcuni suggerimenti: il primo è di cercare le competenze necessarie alla digitalizzazione al di fuori dalla propria organizzazione, attraendo professionalità di alto livello; sarà poi necessario creare un’architettura digitale per il futuro, “costruendo un’infrastruttura IT in grado di misurarsi con portafogli di investimento e requisiti regolamentari sempre più complessi, salvaguardando al contempo il risparmio”. Ma è necessario anche “mettere in discussione il modello operativo attraverso l’adozione di un approccio all’innovazione agile e veloce, prendendo in considerazione partnership con aziende tecnologiche o acquisizioni di start up che siano in grado di aiutare le organizzazioni a spostarsi verso una cultura più innovativa.”

Il cambiamento è inevitabile. E se a dirlo è uno degli operatori del mercato tradizionale, non si può fare a meno di credergli. “Le nuove tecnologie digitali permetteranno alle società di offrire un’esperienza di investimento più fluida, dinamica e interattiva ai propri clienti – concludiamo con le parole di Antoine Shagoury, chief information officer di State Street. Inoltre, aiuteranno il settore a raggiungere il tipo di personalizzazione su larga scala che gli investitori sempre più spesso richiedono. Le imprese che non vogliono capire e usare tecnologie emergenti, da Blockchain all’intelligenza artificiale, non riusciranno a mantenere la competitività in questa nuova era della finanza, mentre coloro che vivono e respirano la rivoluzione digitale saranno quelli che definiranno il futuro del settore.”

 

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